L’antropologia secondo Sorrentino: una recensione di “Parthenope”

Parthenope, un flm che ti travolge dalla prima scena

La ricerca dell’identità attraverso l’antropologia, in una Napoli che sa regalare dolori, tormenti e tante gioie in uno sfondo straordinario

Il nuovo capolavoro di Paolo Sorrentino, “Parthenope”, già campione di incassi, si rivela un’opera cinematografica che trascende i confini del semplice racconto biografico, trasformandosi in un’indagine antropologica sulla natura umana e sulla società napoletana. La protagonista Parthenope, interpretata magistralmente dalla debuttante Celeste Dalla Porta, diventa il veicolo attraverso il quale lo spettatore esplora le profonde stratificazioni culturali e sociali di una Napoli che si estende dagli anni ’70 fino ai giorni nostri. “Che cosa è l’antropologia?” è la domanda che accompagna Parthenope per tutto il suo viaggio introspettivo.

Il contrasto tra bellezza e crudezza

La pellicola si distingue per la sua capacità di catturare l’essenza duplice di Napoli, dove la straordinaria bellezza paesaggistica si intreccia con la cruda realtà sociale. La frase emblematica “È impossibile essere felici nel posto più bello del mondo” risuona come un mantra throughout il film, evidenziando il paradosso esistenziale che caratterizza la città partenopea. Sorrentino dipinge un affresco sociale dove superstizione, religiosità e criminalità coesistono in un equilibrio precario ma autentico.

Il film traccia un arco temporale che si estende fino al presente, culminando con le celebrazioni dello scudetto del 2023, creando un ponte tra passato e presente che arricchisce la narrazione di significati stratificati. La trasformazione della città viene raccontata attraverso gli occhi di Parthenope, che diventa testimone e interprete dei cambiamenti sociali e culturali che hanno plasmato Napoli negli ultimi decenni.

L’aspetto tecnico e narrativo

Dal punto di vista cinematografico, l’opera si distingue per un uso sapiente della fotografia e della regia. La macchina da presa “adora” letteralmente la Dalla Porta, seguendola nel suo percorso di crescita personale e professionale attraverso le sfide del mondo accademico e le complessità delle relazioni interpersonali. La colonna sonora, con il brano “Era già tutto previsto” di Cocciante, si integra perfettamente con la narrazione, creando un’atmosfera che persiste nella mente dello spettatore anche dopo la fine della proiezione.

Il film riesce nell’impresa di essere simultaneamente amaro e raffinato, eccessivo e grottesco, mantenendo sempre un sottile equilibrio tra drama e commedia. La rappresentazione della vita quotidiana, delle tradizioni e delle contraddizioni sociali crea un’esperienza immersiva che coinvolge lo spettatore su multiple livelli emotivi e intellettuali.

La pellicola si rivela un’opera fondamentale per comprendere non solo la Napoli contemporanea ma anche l’evoluzione della società italiana negli ultimi cinquant’anni. Attraverso la lente dell’antropologia, Sorrentino costruisce un racconto universale che parla di identità, appartenenza e trasformazione sociale, confermandosi come uno dei più significativi narratori del nostro tempo. Assolutamente da vedere. Voto 10.

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